Moto Guzzi VA-10: la Superbike italiana che poteva sfidare il mondo
Quando Moto Guzzi sfiorò la Superbike. La storia del rivoluzionario motore VA-10 progettato da Danilo Mojoli

C’è stato un tempo in cui la grande aquila di Moto Guzzi stava per spiccare il volo verso il Mondiale Superbike. Sì, negli anni novanta. Il progetto andò in fumo ma la sua storia merita di essere raccontata. Facciamo un lunghissimo passo indietro.
Moto Guzzi nacque in Liguria nel1921, fondata dal cavaliere Emanuele Vittorio Parodi, suo figlio Giorgio e l’amico di quest’ultimo Carlo Guzzi.
Guzzi-Parodi ed il primo nome era proprio GP. Era un segno del destino, di un avvenire legato alle competizioni. La neonata casa motociclistica, con sede a Mandello del Lario, partecipò alle varie gare fin da subito e vinse al Tourist Trophy. Nel 1949, Bruno Ruffo su Moto Guzzi 250 fu il primo Campione del Mondo di motociclismo. Complessivamente Guzzi vinse 15 titoli mondiali tra l’anno di esordio ed il 1957. Per un po’ rimase fuori dalle competizioni riscuotendo comunque un grande successo a livello di vendite grazie ai suoi modelli ultra innovativi per quegli anni. Ci furono poi tanti cambiamenti, l’azienda passò da un proprietario all’altro.
La Superbike? Un sogno
Nei primi anni anni novanta era in piena crisi e serviva una svolta vera, di quelle capaci di riportare il marchio ai fasti di un tempo. L’amministratore Delegato Arnolfo Sacchi ed il Direttore Marketing e Vendite Gianluca Lanaro avevano le idee chiare: rinnovare i propulsori, ampliare la gamma e soprattutto tornare alle corse. L’obiettivo? Debuttare nel Mondiale Superbike.
Per correre, però, serviva un motore nuovo. E non solo moderno, ma avanti, molto avanti. Così dunque il progetto Moto Guzzi VA-10. Il cuore era un bicilindrico, l’unica architettura adatta per entrare davvero nel Mondiale Superbike di quegli anni. A guidare lo sviluppo fu l’ingegnere Danilo Mojoli, un nome noto fin dall’epoca. Con lui Angelo Ferrari.
Il propulsore della Moto Guzzi VA-10 Superbike
Il VA-10 aveva alesaggio e corsa pari a 100×63,6 mm, soluzioni che solo anni dopo sarebbero arrivate su moto di serie come la Honda VTR 1000 SP (2000) o la Ducati 998 (2002). Abbandonava il cardano a favore della trasmissione a catena, con coppia conica interna e frizione ruotata di 90° per ottimizzare layout e risposta meccanica. Grazie all’uso di ingranaggi controrotanti, veniva ridotto l’effetto giroscopico tipico dei motori longitudinali. Il progetto prevedeva anche flessibilità: il motore poteva essere ruotato verticalmente e la cilindrata espansa fino a 1200 cc (VA-12).
Il cambio era compatto con alberi sovrapposti, motore inclinato di 15°, e interasse contenuto (1380–1410 mm) permettevano un forcellone lungo oltre 600 mm – soluzione all’avanguardia per l’epoca. Il VA-10 era pensato come base per una gamma completa: turismo (105 cv), naked, sportiva RS da oltre 130 cv e versione Corsa da 170 cv per la Superbike. Il primo prototipo girò al banco per oltre 70 ore, percorrendo virtualmente più di 4500 km senza rotture. Doveva raggiungere i 125 cv, ma ne erogava già 134,5 cv a 9700 giri, limitato solo dagli iniettori di test. Tra 9000 e 11.000 rpm il motore spingeva forte e fluido.
Gli sviluppi
Il telaio del VA-10 era stato progettato come un traliccio in acciaio, con piastre in alluminio per l’attacco del forcellone. Il lavoro stava per passare dalla teoria alla pratica e si stava preparando anche un secondo test al banco da 250 ore. Ma a quel punto cambiò la direzione: arrivò Mario Scandellari come nuovo Amministratore Delegato. Secondo lui la configurazione longitudinale non era adatta a una sportiva vincente. Il motore doveva avere l’albero motore trasversale, come sulle Ducati o sulle Honda, e un angolo di 90° tra i cilindri.
Dopo il VA-10, Danilo Mojoli ideò subito il DM-10, sfruttando gli studi precedenti. Il progetto però si fermò molto presto. Non c’erano abbastanza capitali da investire per riuscire a realizzare una Superbike. Aprilia acquistò poi Moto Guzzi e Laverda così Mojoli venne spostato sull’evoluzione della RSV Mille e sulla nascente Cube. Il progetto Moto Guzzi Superbike finì nel dimenticatoio.
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