Cagiva V593 e il giorno in cui l’Italia batté il Giappone
Cagiva V593: una pura moto da Gran Premio, un sogno trasformato in realtà. La sua storia memorabile.

Ci sono giorni che restano impressi nella memoria collettiva di un intero sport. Momenti che sfidano le probabilità, che sorprendono e commuovono. Il 12 settembre 1993, sul circuito americano di Laguna Seca, il motociclismo italiano visse il suo giorno perfetto: la Cagiva V593, una moto che sembrava destinata a inseguire, salì sul gradino più alto del podio, lasciando dietro di sé colossi come Honda, Yamaha e Suzuki.
La sfida impossibile
La classe 500 del Motomondiale era un’arena spietata. Le case giapponesi dominavano con risorse illimitate, tecnologie d’avanguardia e una lunga esperienza. La Cagiva, invece, era una realtà coraggiosa ma ben più piccola, animata da una visione ambiziosa: creare una moto tutta italiana in grado di competere ai massimi livelli.
La V593 fu il frutto di anni di sviluppo, di passione e test estenuanti. Era un progetto ostinato, alimentato dalla determinazione del patron Claudio Castiglioni, che non si arrese mai all’idea che “italiano” fosse sinonimo di “secondo”.
Un cuore da corsa
Il cuore pulsante della Cagiva V593 era un motore V4 a due tempi da 498,5 cc, con angolo di 80°, raffreddato a liquido e alimentato da quattro carburatori Mikuni TW 37. Erogava 180 cavalli a 12.700 giri/minuto, abbastanza per far tremare anche le più blasonate giapponesi. Il cambio era ravvicinato, il sistema di accensione sofisticato e il peso contenuto in appena 130 kg a secco.
Non era però solo potenza. Il segreto della V593 era nella sua raffinatezza ciclistica: telaio in alluminio, sospensioni Ohlins pluriregolabili, freni potentissimi e una cura maniacale per i dettagli. Ogni componente era pensato per ottenere rigidità, leggerezza e reattività, fino al forcellone che veniva testato sia in fibra di carbonio sia in alluminio.
Il giorno perfetto di Cagiva
A portarla alla gloria fu John Kocinski, pilota americano talentuoso e molto particolare. In quella stagione travagliata, Kocinski venne chiamato da Cagiva per sostituire Doug Chandler nelle ultime gare. L’esordio fu promettente ma a Laguna Seca accadde qualcosa di speciale.
Davanti al pubblico di casa, su un circuito che conosceva alla perfezione, Kocinski danzò con la Cagiva. Ogni curva, ogni frenata, ogni accelerazione sembrava perfetta. E quando tagliò il traguardo per primo, il paddock esplose. Era la prima (e unica) vittoria della Cagiva nella classe regina del Motomondiale: un trionfo dal sapore epico.
Un’eredità d’oro
La Cagiva V593 era una pura moto da Gran Premio, pensata solo per la pista. La sua importanza storica però è immensa. Dimostrò che l’eccellenza italiana poteva ancora dire la sua anche nel livello più assoluto delle corse. Oggi l’esemplare originale della moto vincitrice a Laguna Seca è un pezzo da museo, passato anche per prestigiose aste internazionali, come quella di Mecum a Las Vegas nel 2021.
Un sogno rosso Cagiva
Rosso corsa, suono acuto, leggerezza assoluta. La Cagiva V593 è stata un sogno trasformato in realtà. Una moto costruita non solo con il metallo ma con il cuore, l’orgoglio e la passione. Il suo successo è stato una rivincita per chi ha sempre creduto che anche i più piccoli, con le idee giuste, possono battere i giganti. Mentre i decibel della sua marmitta a due tempi si perdono nella memoria, il suo eco ruggisce ancora, ogni volta che qualcuno ricorda quel giorno d’estate a Laguna Seca.
Foto: Wayne D. Baker
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