Inossidabile Alberto Rota, campione Trofeo Guzzi “Ho fatto una promessa a mia figlia, ma…”
Alberto Rota sta vivendo una "seconda giovinezza" nei motori col trionfo nel Trofeo Guzzi 2024. La sua storia e molto altro nell'intervista

Inossidabile e instancabile: si può definire così il 61enne Alberto Rota, “Rotaya”, la cui storia nel mondo delle moto è decisamente particolare. La sua carriera è infatti divisa in due parti: la prima è durata appena sei anni, tra Trofei monomarca e una breve parentesi mondiale, mentre la seconda è cominciata ben 30 anni dopo nel Trofeo Guzzi Fast Endurance. Un trofeo in cui quest’anno ha trionfato assieme a Emiliano Bellucci (55 anni) e coi colori del Team Oldrati AR#28 (qui i dettagli). Con un momento da evidenziare: la moto rimasta senza benzina e portata a spinta al traguardo!
Nella lunga pausa tra le sue “due carriere”, e anche attualmente, ha seguito l’attività del papà, che aveva un laboratorio di panificazione. Dal 1990, quando s’è fermato la prima volta, ha ampliato l’attività, arrivando a 5 punti vendita con annesse caffetterie, prima di rimpicciolire nel periodo Covid. Ora ha due “Forneria Caffetteria Rota”, punti vendita con caffetteria, tenendo soprattutto il laboratorio. Ma questo è un accenno per quanto riguarda tutta la sua storia: ve la raccontiamo nell’intervista.
ALBERTO ROTA, IL GESTO ATLETICO
Dopo 30 anni di stop e la ripartenza nel Trofeo Guzzi, il trionfo.
Quest’anno ci siamo riusciti, abbiamo vinto! Avremmo potuto fare l’en plein, ma alla prima gara, per eccesso di sicurezza, hanno sbagliato a darci le segnalazioni, siamo rientrati in ritardo per il cambio pilota e ci hanno penalizzato di 1 minuto. Tutte le altre gare però le abbiamo vinte, tranne la notturna di Misano: ero in testa, ma ho finito la benzina all’ultimo giro.
Ma non ti sei arreso, tutt’altro.
Mi è venuto naturale scendere dalla moto e spingerla dalla Misano 2 fino al traguardo! Pensavo di essere arrivato 6°-7° e invece, siccome avevamo abbastanza margine, sono arrivato 3°. Il giorno dopo abbiamo vinto la gara e il campionato. Ma è piaciuto tanto il gesto atletico, molta gente infatti mi ha fatto i complimenti di persona o mi ha scritto che era stato una motivazione. Non è detto che a 60 anni una persona sia tagliata fuori da tutto! L’importante è sempre mantenersi. Tengo a questo aspetto, mi ha fatto molto piacere.
ALBERTO ROTA, LE ORIGINI
Partiamo dall’inizio, da dove nasce la passione per le moto?
Qui da me c’è più la tradizione dell’enduro, all’epoca chiamato regolarità. A 18 anni ho iniziato così, seguendo anche mio fratello che faceva le gare. Ho iniziato tardi perché ero stato bocciato in terza media, quindi per penitenza non mi hanno preso la moto fino ai 16 anni, un 125 da enduro di cui però mi sono disinnamorato subito. Dopo 3-4 gare di regolarità, oltre al fatto che ero sempre a terra, mi facevo male ed ero sempre attento a sistemare la moto, ho smesso con questa specialità. Andavo a scuola o in giro con gli amici prima col Ciao, poi col vespino: mi rendevo conto che mi piacevano un sacco le staccate, le pieghe… Eravamo proprio matti, non c’era neanche l’obbligo del casco e facevamo le gare tra di noi! Fatalità in quel periodo hanno presentato la Honda VF400 al EICMA a Milano: quando l’ho vista mi sono detto che, se ero promosso alle superiori, me la facevo comprare.
La svolta quindi arriva al momento della maturità.
Nel 1984 la mia mamma, che era una “mamma racing”, mi ha regalato la moto come premio per la maturità. L’anno dopo – prima sono andato militare, ero nei Carabinieri – fecero la seconda edizione del Trofeo Honda VF400. Fatalità ho anche trovato un ragazzo che faceva il meccanico, Giacomo Nozza, e ha appoggiato pienamente questa mia ambizione: aveva il furgone per andare in giro, abbiamo fatto tutto il campionato assieme. Senza di lui non avrei mai iniziato.
Inizi quindi a disputare le prime gare.
Io, senza aver mai girato in pista – a Bergamo, tranne per i campioni Agostini e Ubbiali, non c’è grande tradizione nelle moto – mi sono presentato al primo evento a Misano. Ho fatto la pole, ho vinto la mia batteria e ho vinto la gara con il giro veloce! In quell’anno fecero anche il Trofeo Yamaha e con la mia mamma comprammo anche la Yamaha RD 500. Su 11 gare ne vinsi 8, cinque nel Trofeo Honda, che vinsi, e tre nel Trofeo Yamaha, in cui arrivai secondo per un problema tecnico all’ultima gara.
Una partenza sprint!
Ne parlarono tantissimo e l’anno dopo debuttai subito nell’Europeo con due moto affidatemi da Honda Italia. Nel 1986, oltre a tutto l’Europeo, riuscii a disputare quattro gare del Mondiale 250cc a Monza, a Spa Franchorchamps, al Paul Ricard e a Misano, che mi hanno fatto crescere tantissimo. Nella gara in Belgio ad esempio, sotto la pioggia, sono riuscito a chiudere 14° davanti a piloti come Martin Wimmer o Anton Mang! In quell’anno lì invece ho concluso 5° nell’Europeo per una caduta all’ultima gara, altrimenti ero 3°. Mi ricordo il record della pista a Donington, che non avevo mai visto prima, e che ero in testa davanti a Jean-Philippe Ruggia.
Il 1987 però purtroppo non è un anno da ricordare.
C’erano tantissime attese, invece sbagliai, in parte fui consigliato male… Buttai via una stagione, ma tornarono quelli della Federazione, che già quando avevo vinto il Trofeo Honda volevano che io corressi nel Team Italia con una Honda 500. Io però non me la sentivo di passare dal monomarca ad una 500 due tempi. Dopo però l’anno andato male, credendo nelle mie potenzialità, mi offrirono la possibilità di disputare l’Europeo nella 500. Vincerlo all’epoca valeva come il Mondiale 125 a livello di rimborsi dal CONI, ti davano 300 milioni! Nel 1988 da debuttante avevo addosso tutta questa pressione, però lo vinsi!
Ti ritroviamo poi nel Mondiale, anche se per poco.
Ho corso in 250cc nel 1989 e nel 1990, con qualche buon risultato. Sono cresciuto tantissimo e lo dico sempre, serve di più una gara nel Mondiale che 30 in Italia. Allora però, come anche ora del resto, non mi andava di stare dietro: io volevo stare davanti e ne soffrivo tantissimo, per provarci mi lanciavo e mi facevo male… Dopo aver preso qualche punto nel Mondiale declinai e smisi di correre. Sottolineo che non avevo mai pagato per correre, se avessi voluto andare avanti avrebbero iniziato a chiedermi soldi e questa cosa non l’accettavo. A 27 anni smisi, il 1990 fu la mia ultima stagione e per anni non ho più guardato una gara di moto, né ho comprato giornali del settore… Non ho proprio seguito più nulla. Col senno di poi, ovvero a 35-40 anni, ne ho sofferto tantissimo.
ALBERTO ROTA, DALLO STOP AL “RICHIAMO” DELLE MOTO
Un taglio netto all’inizio, col tempo però…
Sono rimasto fermo per 30 anni, c’è stato poi l’avvento dei social. Circa 7-8 anni fa mi sono iscritto a Facebook e ho visto che tanti si ricordavano di me, tra questi anche Genesio Bevilacqua. Nel 2017 mi ha invitato alla gara Superbike a Imola, andammo io e mia figlia maggiore, e si instaurò un buon rapporto di conoscenza e amicizia. Da lì mi ha sempre invitato agli eventi.
Finché non succede qualcosa in particolare.
Nel 2021, per il decennale del titolo mondiale di Carlos Checa, ha organizzato una festa a Magione. Ha invitato tantissimi ex piloti, come Checa o Giugliano, e ci ha fatti girare. Tanti sono poi venuti a dirmi che lo sapevo dare ancora il gas, tra di loro anche uno all’interno del Trofeo Guzzi, che mi ha domandato se mi andava di fare una gara, perché in un team mancava un pilota. Nonostante l’età, ho detto subito di sì! Ho debuttato a Misano all’ultima gara del Trofeo di quell’anno: 30 anni che non correvo, prendevo circa 2 secondi a giro. Ma nell’ultimo stint ha iniziato a piovere e io sono stato il più veloce, anche di quelli che poi hanno vinto.

È il click per il ritorno alle corse.
Mi sono un po’ gasato e, quando sono tornato a Bergamo, mi sono recato subito dal concessionario Piaggio e ho detto che mi sarebbe piaciuto partecipare al Trofeo Guzzi, chiedendo quindi se poteva darmi una mano in qualche modo. All’inizio c’era un po’ di scetticismo, anche se mi conosceva, però mi ha detto “Vabbè, vediamo”. Mi ha dato una moto, io sono riuscito a creare un piccolo gruppo di appassionati, tra cui il mio meccanico Fabio Gimignani, che conoscevo dai tempi del Team Italia, e da lì è nata questa avventura.
ALBERTO ROTA, LA RIPARTENZA NEL TROFEO GUZZI
Ricominci quindi ufficialmente nel 2022.
Al debutto abbiamo tenuto aperto il campionato fino all’ultima gara, per poi chiudere secondi. L’anno dopo quindi ero motivatissimo! Ma io sono sempre stato così. Mi ricordo il primo round a Vallelunga, ho chiuso 3° e 4° nelle due gare. Il mio meccanico mi guarda e mi dice “Sei contento?”, “Se devo fare questi risultati sto a casa!”, “Hai ragione” mi ha risposto lui. Ha 10 anni in più di me ma è uguale a me, non si accontenta mai. Nella seconda gara a Cremona siamo arrivati secondi, a fine campionato abbiamo vinto l’ultima gara in notturna a Misano, coronando il primo anno col 2° posto.
Niente male come ripartenza nelle gare di moto!
L’anno scorso avrebbe dovuto essere l’anno della vittoria, per poi decidere se andare avanti o no. Siamo partiti con la determinazione a vincere, ma alla prima gara sul bagnato ero in testa ma sono scivolato… È un campionato molto corto, basta una battuta d’arresto e sei già penalizzato tantissimo. Il giorno dopo però abbiamo vinto, quindi ci siamo rimessi in carreggiata, ma alla terza gara ero in testa e ho avuto un problema tecnico, quindi il campionato è stato compromesso. Oltretutto hanno anche annullato una gara al Mugello per un incidente mortale, a metà stagione poi avevo cambiato compagno di squadra, che aveva deciso di fermarsi. Alla fine siamo arrivati terzi, peggiorando quindi rispetto all’anno d’esordio. Serviva un’altra stagione.
ALBERTO ROTA, IL FUTURO
E adesso cosa farai? Continui o ti fermi?
Avevo promesso a mia figlia maggiore che smettevo una volta vinta una gara. Quando ce l’ho fatta me l’ha ricordato, e io ho rigirato la frittata dicendole che smettevo se vincevo il campionato. Nel 2023 però non ho vinto il campionato, quindi c’è stato il 2024. Adesso però diventa più difficile! [risata] Le ho detto quindi che mi prendevo 1-2 mesi di pausa, anche perché per quanto riguarda il Trofeo Guzzi ancora non si sa niente. Anche Oldrati Moto deve capire se mettere due moto nuove o tenere quelle che abbiamo. Vorremmo continuare, ma stiamo aspettando di sapere qualcosa dal campionato. Lei mi domanda, ma mi tengo sul vago… Ammetto però una cosa: mi piace stare col team, prepararmi atleticamente e disputare le gare, ma i test e la preparazione per la trasferta mi pesano un po’ di più. Non c’è ancora nulla di deciso, vedremo.
Foto di copertina: Oldrati Moto
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