Donne e moto: una storia di libertà e velocità
Le donne sono sempre più protagoniste nel mondo motociclistico: adesso c'è anche un campionato del Mondo velocità

Il vento in faccia, l’asfalto che scorre veloce sotto le ruote, il battito del motore che risuona nel petto. C’è qualcosa di viscerale nel guidare una moto. È libertà pura, sfida, adrenalina. Per anni, però, si è pensato che fosse un affare da uomini. Un errore colossale. Perché le donne sulle due ruote ci sono sempre state. Anche quando nessuno voleva vederle.
Dagli anni pionieristici del ‘900, quando le moto erano ancora un lusso per pochi, le prime centaure hanno sfidato i pregiudizi e lanciato la loro sfida al mondo. Alcune per passione, altre per necessità, tutte con la stessa determinazione: dimostrare che nessun mezzo di trasporto, neanche il più ribelle, poteva essere riservato a un solo genere.
È lo stesso istinto che anima chi ama mettersi in gioco, sperimentare l’adrenalina in forme diverse. Come Vave Casino Italia, una scommessa con la sorte, un battito accelerato, una decisione presa in un attimo.
Le prime centaure: storie di coraggio e velocità
Non erano eroine da film, non cercavano gloria. Volevano solo guidare. E lo hanno fatto, sfidando tutto e tutti. Nel 1915, Effie Hotchkiss attraversò gli Stati Uniti in sella a una Harley-Davidson. Non era sola: aveva portato con sé sua madre. Perché certe avventure si vivono in due. Perché la passione, quando è vera, va condivisa.
Poi c’è Bessie Stringfield. Negli anni ‘30, in un’America ancora divisa dalla segregazione razziale, lei viaggiava da sola, macinando migliaia di chilometri, ignorando divieti e minacce. Dormiva accanto alla sua moto, perché spesso gli hotel si rifiutavano di ospitarla. Ma niente poteva fermarla. Era nata per correre, per sentire l’asfalto sotto le ruote, per non lasciarsi mettere da parte.
Dalle gare ai record: le donne che hanno cambiato il motociclismo
Se vi sembra che la velocità sia un’ossessione recente, vi sbagliate. Già negli anni ‘50, alcune donne si lanciavano nei circuiti sfidando il cronometro. Beatrice Shilling non era solo una pilota: era anche un’ingegnera, e mentre progettava innovazioni per i motori degli aerei da guerra, trovava il tempo per correre su una Norton. I suoi avversari? Sorpresi. Lei? Sempre un passo avanti.
Negli anni più recenti, Laia Sanz ha riscritto le regole del motocross e del rally, attraversando il deserto della Dakar con una grinta che pochi riescono a eguagliare. E oggi? Oggi sempre più donne affollano i paddock, i circuiti, le piste di tutto il mondo. Non c’è più un “posto per loro”. Il motociclismo è anche loro.
Moto e cultura: il fascino delle due ruote nella vita quotidiana
Non è solo una questione di gare. La moto è parte della cultura, un simbolo di indipendenza che ha attraversato decenni e generazioni. Negli anni ‘20, Marjorie Dare si esibiva in acrobazie folli sulle “pareti della morte”, mentre oggi sempre più donne prendono la strada in solitaria, percorrendo migliaia di chilometri per il puro piacere di farlo.
E se un tempo erano eccezioni, oggi i motoclub femminili crescono ovunque. Da gruppi di viaggio a vere e proprie comunità, le motocicliste hanno dimostrato di non avere bisogno di permessi. Prendono e partono. Semplicemente.
Donne e avventura: quando la strada chiama
Ci sono storie che non passano inosservate. Storie di donne che hanno mollato tutto per inseguire il richiamo dell’orizzonte. C’è chi ha attraversato continenti, chi ha affrontato deserti, chi si è persa – volutamente – in terre sconosciute. Non lo fanno per dimostrare qualcosa. Lo fanno perché la strada chiama, e loro rispondono.
Un esempio? Elspeth Beard, che negli anni ‘80 ha girato il mondo su una BMW, sola, senza GPS, senza certezze. Solo lei e la sua moto, contro tutto. Eppure è tornata, più forte di prima, con una storia da raccontare.
Un futuro senza confini
La strada è ancora lunga, ma la direzione è chiara. Non si parla più di “donne che guidano la moto”. Si parla di motociclisti. Punto. Pilote, viaggiatrici, meccaniche, ingegnere: il mondo delle due ruote è sempre più vario, sempre più aperto, sempre più libero.
E alla fine, è questo che conta davvero. La moto non fa domande, non ha pregiudizi. Accende il motore, aspetta un cenno. E poi via, la strada davanti e tutto il resto dietro. Perché il bello delle due ruote è proprio questo: una volta che sali in sella, l’unica cosa che conta è andare.
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